
Rampollo
di una delle casate nobili più antiche d'Europa era figlio
illegittimo di
Giuseppe
Lanza Branciforte,
Principe di Scordia, nato dall'unione con Maddalena Papadopoli
Alodobrandini, nobildonna veneziana, moglie separata del principe
romano Spada-Veralli-Potenziani. Dopo la morte prematura del padre fu
adottato dai nonni.
Nel
1936 partì volontario con le truppe italiane per la
guerra
di Spagna e partecipa alla battaglia di Guadalajara.
In
quel periodo frequentò e fu amico di
Galeazzo
Ciano,
Curzio
Malaparte e
Susanna
Agnelli,
negli anni successivi di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Dopo la guerrà
si sposò con l'attrice
Olga
Villi da cui ebbe le figlie Venturella (n.9 novembre 1953, oggi madre di
Raimondo Lanza-Branciforte di Trabia, n.20 aprile 1991) e Raimonda
(n.postuma 1955, sposata in prime nozze con Guido Casagrande e in
seconde con Emanuele Gamna. Dal primo marito ha avuto Fabrizia
Casagrande, moglie di Filippo Caracciolo di Castagneto e madre di
Matilde e Raimonda Caracciolo di Castagneto, e Ottavia Casagrande).
Fu
presidente del
Palermo
Calcio in una fase esaltante della società. Riportò nella stagione
1947-1948 in Serie A il Palermo vincendo il campionato di Serie B. In
quella squadra militavano giocatori come il cecoslovacco
Čestmír
Vycpálek e gli italiani Conti, Di Bella e Pavesi. L'anno successivo il Palermo
arrivò 11º in Serie A la stagione successiva a cui seguirono tre
stagioni che si conclusero a metà classifica. Fu il presidente del
Palermo Calcio con più anni di permanenza in A, ben sei dal 1948 al
1954, raggiunto poi in questa speciale classifica negli anni duemila
da
Maurizio
Zamparini.
A
lui si deve l'invenzione del
calciomercato insieme al tecnico
Gipo
Viani con il quale si incontrava all'Hotel Gallia di Milano.
[1] Fu lui a scoprire
Helge
Bronée che acquistò dal
per 40 milioni. Sfruttò l'amicizia con
Gianni
Agnelli per portare a Palermo molti giocatori di valore.
[2][3][4][5]
Era
appassionato di corse automobilistiche e fu protagonista di alcune
edizioni della
Targa
Florio.
Morì
suicida per un attacco di depressione, lanciandosi da un hotel di via
Veneto a
Roma.
Tratto
da Repubblica, 26 Novembre 2003
Di
lui si racconta che amasse ricevere gli ospiti nella suite dell'
hotel Gallia a Milano immerso nella vasca da bagno sorseggiando un
Martini o vestito soltanto con un lenzuolo avvolto alla vita.
Tra
mito e realtà, aneddoti e leggende, il principe Raimondo Lanza,
ricordato in un convegno in corso a Trabia, ha rappresentato uno dei
personaggi più estrosi e caratteristici del mondo del calcio
italiano.
Presidente
del Palermo all' inizio degli anni Cinquanta, Raimondo Lanza di
Trabia rappresentava l' espressione di quella nobiltà illuminata
della città che in quel periodo decise di occuparsi delle sorti
della squadra.
Gente
molto diversa dagli imprenditori di oggi, gente ancora più diversa
dai tanti avventurieri che affollano il nostro calcio.
Lanza
di Trabia l' avventura l' amava, ma nel vero senso della parola.
Basti ricordare che una notte partecipò a un duello con il barone
Alù vinto dopo il terzo assalto alla spada.
Il
calcio e l' automobilismo furono i suoi grandi affetti sportivi. Le
foto del principe sulla strade della Targa Florio sono nell'
iconografia dello sport palermitano. Al calcio dedicò soldi e
amicizie.
Fu
lui a scoprire il centravanti danese Helge Bronèe. Il principe era
allo stadio in compagnia di Ranieri di Monaco e vide giocare il
danese nel Nancy contro il Grenoble.
Dopo
la gara volle conoscerlo e lo ingaggiò pagandolo con un assegno
personale di 13 milioni e 927 mila lire.
Visse
una esistenza da romanzo e morì suicida il 30 novembre del 1954
lanciandosi dalla sua stanza dell' hotel Eden di Roma.
E
anche da morto, Lanza di Trabia, non finì di stupire tutti per le
sue stranezze. Alla moglie, tra le altre cose, lasciò in eredità la
proprietà dell' attaccante Enrique Martegani acquistato per il
Palermo con fondi privati del principe. Ma
Raimondo Lanza di Trabia era anche quello che si definisce un uomo di
mondo.
Sposato
con l' attrice Olga Villi era amico di Errol Flynn, Onassis, Gianni
Agnelli.
Così
come dello Scià di Persia Reza Pahalevi del quale era spesso ospite
per la caccia alla tigre.
Un
giro vorticoso di amicizie, incontri ed esperienze di vita che si
riflettevano anche nello sport. Un esempio, forse il più limpido,
sta nel fatto che proprio
Raimondo
Lanza inventò il calcio mercato.
Lo
dirigeva dalla suite 131 del Gallia, restando al telefono o
incontrando gli addetti ai lavori.
Ed
è di questo aspetto che si occupa il convegno che si è aperto ieri
all' hotel Tonnara di Trabia. "Raimondo Lanza, il principe
rosanero" è il tema dell' incontro organizzato da Giorgia
Butera per la Nausica Studio.
Due
giorni di dibattiti, tavole rotonde, conferenze, ma anche tornei di
calcio a cinque. Tra gli ospiti Claudio Pasqualin, uno dei principi
del calcio mercato di oggi, ma anche dirigenti calcistici e
giornalisti.
L’irrequieto
tramonto dei Gattopardi – di Filippo Maria Battaglia
Quando,
il 30 novembre del 1954, si uccide precipitando dal secondo piano
dell’Hotel Eden di via Veneto, ad accorrere è tutta la Roma che
conta, e non solo quella.
Arrivano
Gianni Agnelli ed Alberto Moravia, Curzio Malaparte ed Edda Ciano,
Dado Ruspoli e Giuseppe Tomasi di Lampedusa. La vita di Raimondo
Lanza, figlio illegittimo dell’unico erede della casata Trabia
Branciforti, finisce nel modo in cui era andata avanti negli ultimi
vent’anni: sotto il flash dei fotografi e sulle prime pagine dei
settimanali patinati.
In
una sorta di ideale contrappasso, per più di cinquant’anni la sua
memoria è stata consegnata all’oblio della pubblicistica.
Vincenzo
Prestigiacomo, giornalista della Sicilia e della Gazzetta dello
Sport, ha ora deciso di far fronte a questo incredibile vuoto ed ha
scritto una documentata biografia (Il principe irrequieto, Nuova
Ipsa, pp. 188, euro 12).
Raimondo Lanza di Trabia nasce la notte
del 9 settembre del 1915. Ha il sangue blu, ma è figlio di uno
scandalo.
I
suoi genitori non sono sposati: il padre è Giuseppe Lanza
Branciforti di Scordia, l’ultimo rampollo di una delle famiglie più
blasonate d'Europa; la madre è Madda Papadopoli Aldobrandini, una
nobildonna veneziana che ha già una figlia, nata da un altro legame.
Per
la sua legittimazione, non basterà nemmeno l’amicizia della
famiglia con il principe Umberto: bisognerà aspettare diversi anni
prima che una legge ad personam sani la sua situazione e quella del
celebre conte Volpi.
Dopo
la morte del padre Giuseppe, stroncato da una febbre tifoide,
Raimondo si trasferisce dai nonni, al Palazzo Butera di Palermo.
Lì
trova una vera e propria corte: camerieri in livrea, cuochi,
bibliotecari, cocchieri e stiratrici vigilano sul palazzo
seicentesco, dove i Branciforte hanno ospitato alcuni tra i più
importanti regnanti europei.
Sono gli anni della Belle époque
palermitana: il centro storico custodisce le nuove costruzioni
liberty che cingono il Teatro Massimo e quello del Politeama.
Ma
a Raimondo, ancora giovanissimo, capita un episodio che lo
impressiona.
La
sua splendida bicicletta Bianchi, lasciata incustodita, gli viene
rubata.
Si
rivolge ai carabinieri, ma senza alcun esito. Quando rientra al
Palazzo, incontra lo stalliere dei Trabia e gli racconta del furto.
Il palafreniere, stimato tra l'altro per la destrezza nell'uso di una
particolare lama, il cosiddetto «liccasapuni», lo tranquillizza. La
mattina dopo, di fronte al Palazzo, ecco la bicicletta, con un
biglietto anonimo: «Il picciotto ha sgarrato e chiede perdono».
Ma
i Trabia sono anche proprietari di uno splendido castello, che si
trova a venti chilometri dal capoluogo siciliano, e di una delle più
antiche tonnare siciliane. Per Raimondo quella della pesca del tonno
è un’autentica passione e sin da giovane vi si dedica con
determinazione ed intraprendenza.
Capita
così che non ancora diciottenne si tuffi dalla propria barca ed
accoltelli a morte un pescecane, ricavandone dalle fauci un
portacenere.
Il principe ama molto viaggiare: si sposta tra Roma,
Madrid e Londra, è conosciuto ed apprezzato dai gerarchi del regime,
specie da quelli sensibili alla noblesse ed ai suoi riti.
È
tra questi Galeazzo Ciano, di cui gode la protezione, e la moglie
Edda, che proprio a Prestigiacomo confessa: «Non un vero flirt ma
qualche carezza, qualche bacio per riderci sopra ci fu, sì». Il
1936 è l’inizio della guerra civile spagnola: Raimondo parte come
volontario e l’anno successivo partecipa alla battaglia di
Guadalajara.
Col
consenso di Galeazzo, decide di infiltrarsi nel battaglione dei
«leoni rossi» guidati dal generale Moscardo per ricevere notizie su
alcuni trafugamenti di opere d’arte. Tornato in Italia,
all’Excelsior di Roma incontra Susanna Agnelli. La nipote del
fondatore della Fiat ne resta subito folgorata: «Quando entrava in
una stanza era come un fulmine.
Tutti
smettevano di parlare o di fare quello che stavano facendo: gridava,
rideva, baciava tutti, scherzava. Divorava il cibo come una macchina
per tritare i rifiuti, beveva come un giardino assetato in un
deserto, suonava il pianoforte, telefonava e mi teneva la mano, tutto
contemporaneamente».
Nel
giugno del 1940 i due si fidanzano, ma la storia dura poco. Nel ’43
Raimondo riprende le attività di controspionaggio, anche se questa
volta in favore dei partigiani.
Repubblica
– 3 Gennaio 2007
I
suoi amici sono Gianni Agnelli, Ranieri di Monaco, Aristotele
Onassis, Soraya e lo scià Reza Pahlavi, Vittorio Emanuele Orlando,
Galeazzo Ciano, Errol Flynn, Robert Capa, Porfirio Rubirosa, Baby
Pignatari, Alì Khan, Renato Guttuso, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, i
fratelli Piccolo di Calanovella, Luchino Visconti, Curzio Malaparte
e, ovviamente, tutta la noblesse sicula. Le sue fidanzate ufficiali
Susanna Agnelli, Sofia Ricciardi e Vivi Gioi. Le sue probabili amanti
le divine Joan Crawford, Olivia de Havilland, Rita Hayworth, Edda
Ciano Mussolini e un' infinità di femme più o meno fatali del jet
set internazionale, fino alle nozze con l' attrice Olga Villi. Il suo
istruttore di guida Tazio Nuvolari.
I
suoi «palcoscenici» New York, Londra, Parigi, Roma, Palermo,
Cortina d' Ampezzo, Capri, le Eolie e il mare tutto. Raimondo Lanza
di Trabia è stato un personaggio davvero unico; nonostante le cupe
ombre che hanno offuscato le sue luci, resta uno dei pochi siciliani
d' esportazione. (segue dalla prima di cronaca) Il principe dell'
eccesso, dalla sua unicità genera, come una matrioska cloni di se
stesso a getto continuo.
Uno
diverso dall' altro, a volte antitetici tra loro: il Raimondo
scavezzacollo, il Raimondo delle beffe irresistibili, il Raimondo
delle profonde malinconie.
E
ancora: il play boy, la spia fascista, il mediatore con i partigiani,
l' informatore degli americani, lo sportivo, il corridore
automobilistico, il mecenate, il cacciatore, l' imprenditore, il
sognatore, l' incosciente che gioca a rialzo con le emozioni sfidando
la morte a ogni svoltata d' angolo.
Uno
e centomila - altro che nessuno - personalità che cozzano dentro la
sua testa fino a determinare quel corto circuito che il 30 novembre
del 1954 lo spinge a gettarsi dalla finestra dell' albergo Eden di
via Ludovisi a Roma.
Di
personaggi così magneticamente fascinosi la Sicilia ne genera uno o
due al massimo ogni secolo. Nel 1700 il conte di Cagliostro,
libertino e amorale, a cavallo tra 1800 e ' 900 Ignazio Florio e nel
secolo scorso questo rampollo di uno dei casati più blasonati della
Sicilia, che del Florio è anche nipote.
«A
rendere attraente la Sicilia - scrive Matteo Collura - hanno
contribuito più i suoi estrosi e a volte stravaganti principi e
baroni, che non le ricorrenti e costose campagne pubblicitarie
promosse a scopo turistico».
E
il principe di Trabia è sicuramente in prima fila in questo
drappello di siciliani di cui all' estero si favoleggia. Raimondo -
come accade a Woody Allen ne "La rosa purpurea del Cairo -
sembra uscito fuori dal film "Il capitan Blood" di Michael
Curtiz per tracimare la sua voglia picaresca di vivere nella
contemporaneità. E proprio il protagonista del film l' attore Errol
Flynn diventa il suo amico e alter ego.
Ne
imita perfino la fisionomia con i baffetti e i capelli all' indietro
impomatati con la brillantina.
La
coppia in perfetta simbiosi trasferisce nei locali di Los Angeles e
nelle spiagge siciliane la fame assatanata di avventura che l'
accende. Flynn viene diverse volte in Sicilia, ospitato nella
principesca dimora di Trabia, come del resto Onassis (quest' ultimo
resta stupito nell' ammirare un portacenere ricavato da un osso di
pescespada ucciso con il pugnale da Raimondo quando era poco più di
un ragazzo).
L'
arrivo dei vip scuote il torpore del blasonato tran tran. Baroni e
marchesine vengono trascinate in un turbillon di feste, mangiate e
bevute. Pasta con i broccoli e champagne, altro che il Billionaire
ricettacolo di parvenue. Sono rimaste nella memoria di chi c' era le
furiose cavalcate nel Canale con lo yacht e poi il ping pong di
approdo, sempre in compagnia di Flynn, tra Vulcano e Stromboli per
seminare zizzania nelle troupe nemiche che in contemporanea nelle
Eolie girano due film che delle isole citate prendono il titolo.
I
registi Roberto Rossellini e William Dieterle prima ci cascano e poi
capiscono di essere al centro dell' ennesimo scherzo del principe di
Trabia e delle beffe. Raimondo (come quel Flynn del resto, che
Marlene Dietrich definisce «Angelo di Satana»), non recita la parte
ma è davvero capitano dell' avventura. Fino alle estreme
conseguenze.
Come
quando dopo un ennesimo tiro mancino è costretto a battersi a
duello. L' episodio merita uno zoom. Lanza stanco di fare il
presidente del Palermo - a proposito è stato lui a inventare il
calciomercato all' hotel Gallia di Milano, dove riceve allenatori e
dirigenti immerso in una vasca da bagna satura di sali e profumi -
decide di passare la mano e per impedire l' accesso nel Consiglio di
amministrazione del barone Salvatore Alù lo fanno allontanare
dicendogli che il figlio ha avuto un grave incidente.
L'
uomo scappa via, a casa vede il figlio in perfetta salute e torna
stracolmo di bile nella sede del Palermo. Furioso lancia il suo
guanto di sfida.
Fissata
la data Raimondo fa un corso intensivo di spada sul terrazzo del suo
castello con il campione olimpionico Emilio Salafia; non si faceva
mancare proprio niente.
Direttore
del duello è il cavaliere Nino Buttafuoco, che avrebbe poi fatto
parlare di sé nella vicenda della scomparsa del giornalista Mauro De
Mauro. La sfida, che finisce in modo incruento per il tempestivo
intervento di un prelato, ha vasta eco. Perfino Walter Molino la
immortala in una delle sue celebri copertine de "La Domenica del
Corriere".
Raimondo
nato per stupire è una forza della natura che travolge ciò che
incontra. Eccessivo in tutto, sembra un apostolo tardivo dello sturm
und drang, romanticismo estremo.
Il
lato tragico e quello comico del destino umano in lui trovano una
simbiosi perfetta.
La
vita comincia presto a fargli pagare carissimo tutto, fin dalla
nascita, quando figlio illegittimo di Giuseppe Lanza non riesce a
ottenere il cognome paterno nonostante le pressioni su Mussolini e la
sodale nomenclatura del regime.
Poi
la morte prematura del padre e di due zii. Il riconoscimento tardivo
di un altro zio e infine lo svezzamento nella Palermo ancora
felicissima della nonna Giulia Florio, sorella di Ignazio, e del
nonno Pietro, nobiluomo di corte.
Dopo
l' esuberante giovinezza - sgusciante con coraggio incosciente tra i
tonni nella camera della morte della tonnara di famiglia a Trabia o
beffarda nei confronti di amici e parenti vittime di beffe a raffica
- gli anni bui della guerra di Spagna in cui combatte con le falangi
franchiste e i rapporti ambigui con i nazisti tedeschi.
Pagine
amare che testimoniano il primato dell' avventura su ogni altro
valore etico e morale.
Grazie
ai suoi contatti riesce però a salvare la vita allo zio Vincenzo
Florio arrestato dalle SS a Roma. Poi, la svolta come è capitato a
tanti italiani folgorati sulla via di Washington, così ce lo
ritroviamo informatore degli americani e mediatore in una consegna di
armi dai fascisti ai partigiani. Ricordiamo che è proprio il
fratello maggiore Galvano - lui, Raimondo e Gianni Agnelli venivano
definiti i tre moschettieri del jet set - a fare da interprete con
gli americani nell' armistizio firmato a Cassibile il 3 settembre.
Memorabili
i suoi scherzi. Come quando dodicenne con le ali da angelo esce da un
immenso uovo di pasqua Dagnino e fa ridere a crepapelle la nonna
Giulia. Si dice che sia stata l' unica volta che abbiano visto la
nobildonna ridere in pubblico.
O
come quando fa travestire al suo amico Gaetano Pottino di Capuano i
panni di Guglielmo II, disegnandogli anche i caratteristi baffetti
dell' imperatore per fare una sorpresa alla bisnonna Sofia che vanta
spesso e volentieri questa amicizia.
La
donna semicieca abbocca e gli amichetti di Raimondo assistono alla
surreale scena dello storico incontro. L' imbroglio viene scoperto
quando l' anziana donna vuole a tutti i costi ricambiare la visita
andando a trovare l' imperatore che crede sullo nello yacht ancorato
al porto.
Per
il giovane scavezzacollo sono dolori. Una vita accelerata che finisce
tragicamente quando il principe, da tempo vittima di furiose crisi di
nervi, dopo una visita neurologia a Roma, prende consapevolezza che
la via come la intende lui gli è sfuggita di mano.
Già
da tempo soffre terribilmente e solo davanti alla moglie - dalla
quale vive lontano proprio per nasconderle la sua condizione - riesce
a controllare i suoi nervi.
Quel
tragico giorno a Roma (che una chiromante ha previsto, insieme anche
alla prematura drammatica fine dell' amico Stefano La Motta) muore l'
uomo ma sopravvive il mito.
E
come per tutti i miti la fantasia si impasta con la realtà. Così si
alimenta la leggenda del giocatore Selmonsson, detto "raggio di
luna", lasciato in eredità alla moglie Olga Villi e alle due
figlie, Venturella e Raimonda, vicenda a cui avrebbero attinto
Garineri e Giovannini per la loro commedia "Raggio di luna";
la favola che Domenico Modugno si sia ispirato al principe per
scrivere la sua canzone più bella "L' uomo in frac".
Sono
centinaia invece gli episodi mirabolanti verificati e raccontati da
Prestigiacomo e "certificati" da personaggi del calibro di
Gianni Agnelli. E scusate se è poco.